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L'EPOPEA VALDESE

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La Crociata in Calabria (1560).

Epopea Valdese.

L’Inquizione.
Il predicatore luterano piemontese Gilles de Gilles diffonde in Calabria la riforma ed esorta i valdesi ad emigrare, perché in quanto sudditi del re di Spagna sono perseguibili dalla potente inquisizione spagnola, e perché sono troppo vicini a Roma (1556). La riforma è inoltre predicata da Giacomo Bonello (1559), dal piemontese Gian Luigi Pascale (1560) e dal barba Stefano Negrin di Bobbio.
Il papa Paolo IV Caraffa emette una bolla con la quale nega l’assoluzione a chi appoggi o eviti di denunciare la presenza di eretici (1559) ed affida il compito di estirpare l’eresia nel regno di Napoli all’inquisitore generale Michele Ghisleri, detto “Cardinale Alessandrino” (poi papa Pio V e santo). Ghisleri invia il domenicano Valerio Malvicino che giunge a Cosenza (XI 1560).
Salvatore Spinelli signore di Fuscaldo fa arrestare Giovanni Luigi Pascale che è imprigionato a Cosenza (2 V 1559), è trasferito a Napoli, infine a Roma (16 V 1559). Salvatori Spinelli riceve in premio il titolo di marchese. Giacomo Bonello è arso sul rogo a Palermo (18 II 1560).

La “Ribellione”.
Gli inquisitori giungono a San Sesto ed invitano in chiesa la popolazione, che invece abbandona in massa la cittadina. Il fatto non si ripete a La Guardia solo grazie all’intervento mediatore di Salvatore Spinello. Il cardinale Alessandrino chiede due compagnie di uomini d’arme e le invia a caccia degli esuli di San Sesto, parte dei quali è uccisa mentre altri fuggono sugli Appennini e respingono gli inseguitori causando una cinquantina di caduti, tra i quali il comandante barone Castagneto governatore di Cosenza.
Il cardinale Alessandrino comunica a Napoli che i valdesi si sono ribellati provocando l’intervento di Parafan de Ribera duca di Alcalà e viceré di Napoli, con un nucleo di truppe guidate dal marchese Marino Caracciolo. Il viceré rifiuta di concede libero transito a chi vuole emigrare ed attacca i valdesi sulle montagne ma è respinto, emette allora un editto concedendo il perdono ai ribelli, banditi e fuorilegge che si arruolano contro i valdesi, sui quali mette una taglia. I fuggitivi sono braccati anche con i cani e sono massacrati. 100 cavalieri e 600 fanti distruggono San Sisto giustiziando 60 persone (V 1560).
Il cardinale Alessandrino ed il marchese Caracciolo inviano a La Guardia 50 prigionieri incatenati ma una volta dentro la città aprono le porte ad altri 600 soldati; si trattava infatti di finti prigionieri e l'inganno è chiamato "Cavallo di Guardia" paragonandolo al "Cavallo di Troia". I soldati giustiziano circa 2.000 valdesi e ne imprigionano numerosi altri. A Montaldo sono richiusi 1.600 valdesi, 88 dei quali sono giustiziati (11 VI 1560); il giorno è chiamato “Mercoledì di Sangue”; numerosi altri sono venduti ai comandanti delle galere ed ai mori. Cinque uomini e cinque donne sono messi al rogo a Cosenza (nell’odierna piazza Valdesi). La repressione è chiamata “San Bartolomeo Italiana”.

La Repressione.
I pochi superstiti sono costretti ad indossare un abito giallo con una croce rossa, subiscono il divieto di riunirsi in più di sei persone, di parlare la propria lingua e di sposarsi per 6 anni, devono munire le case di “spioncino”, che consente di osservare gli abitanti dall’esterno, hanno l’obbligo di assistere alla messa ogni giorno pena una multa e di educare i figli alla fede cristiana. Le persecuzioni proseguono per opera del gesuita spagnolo Cristoforo Rodriguez (1565). Le comunità valdesi dell’Italia meridionale sono cancellate. Molti emigrano nelle vallate piemontesi.
Giovanni Luigi Pascale è condannato a morte dal Cardinale Alessandrino, ed è bruciato sul rogo sul colle del Giannicolo a Roma (8 IX 1560). Le sue ceneri sono disperse nel Tevere.
In Puglia l’inquisitore gesuita Cristifiri Rodrigueza adotta la linea morbida (1563), libera i valdesi già incarcerati ed ottiene la conversione di 1.500 persone, ottiene l’abolizione dell’obbligo dell’abito distintivo (XI 1565) ed altre restrizioni (1592).
A Guardia è fondato convento domenicano (X 1616).


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