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LA CONQUISTA DELL'INDIA

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GLI ESERCITI INDIANI.

Conquista Dell'India.

LA GERARCHIA.
Gli eserciti dei sovrani indiani del XVIII secolo, l'epoca della conquista inglese dell'India, ricalcano l'organizzazione dell'esercito moghul impostato da Akbar all'epoca della conquista (XVI sec.).
I sovrani moghul hanno sostituito la vecchia aristocrazia del sultanato di Delhi con una nuova, che comprende avventurieri uzbechi, persiani, arabi e turchi, assegnando loro l'amministrazione dei territori più o meno vasti, chiamati mansabdari, in cambio dell'impegno a fornire, e spesso guidare, un contingente militare. Gli appartenenti all'aristocrazia sono chiamati Ashab as-Saif (Maestri di Spada).
Al governo delle subahs (provincie) si trovano governatori militari denominati subadars. Le provincie sono divise in sarkars, a loro volta suddivise in parganas (distretti). Ciascun distretto è suddiviso in terre della corona e terre chimate jagir i cui redditi sono assegnati ai governatori, chiamati quindi jagidar. Con il tempo le cariche di governatore tendono a diventare ereditarie e le terre della corona si riducono.
L'aristocrazia è suddivisa in 66 gradi militari (ne sopravvivono poi solo 33) corrispondenti al numero delle truppe da fornire (sawar), che diviene un numero puramente figurativo e non il numero reale. La maggiore è "Comandante di 7.000", la minore "Comandante di 20", con intervalli di 1.000 (tra 7 e 5 mila), 500 (tra 5.000 e 1.000), 100 (tra 1.000 e 200), 50 (tra 200 e 100) e 20 (tra 100 e 20). Oltre agli uomini, è stabilito il numero di animali da trasporto, elefanti, cammelli, muli e carri.
I mansab sono inoltre suddivisi in tre classi: Amir-i-Azam (Grande Nobile) tra 7 e 3 mila, Amir (Nobile) tra 2.500 e 500, mansabdar tra 400 e 20. La classe dei grandi nobili è a sua volta suddivisa in tre classi a seconda della proporzione di cavalli presenti nel proprio contingente (totalità, più della metà, meno della metà). Tra i mansabdar e le truppe comuni si trovano le truppe scelte denominate ahadi.
Anche le cariche civili, denominate Ashab ul-Qalam (Maestri di Penna), sono equiparate a gradi militari per determinarne lo stipendio (zat), ed in questo caso il numero delle truppe è totalmente figurativo.
La raccolta delle tasse è delegata ai taluqdars, che dispongono di truppe personali. In seguito allo smembramento dell'impero si formano altri legami feudali come quelli dei jamedars o dei paigah (governatori indipendenti), con i loro eserciti.
Agli ufficiali non è richiesta particolare esperienza militare. La lealtà è rivolta al proprio comandante, non all'imperatore, allo stato o alla religione. Le battaglie sono spesso precedute da lunghe trattative con l'intento di far cambiare campo ai comandanti avversari, o causarne la diserzione durante la battaglia.
In campagna l'esercito è guidato dal sarlahkar (comandante in capo). Il Gran Moghul guida l'esercito solo nelle campagne principali, accompagnato da centinaia di cammelli per il trasporto del tesoro, il necessario per la caccia (con falchi e ghepardi), gli scrivani, decine di elefanti per il trasporto delle tende personali, numerosi carri. Per il vitto della corte servono un centinaio di cammelli con l'acqua e gli attrezzi da cucina, una mandria di mucche da latte, centinaia di cuochi specializzati. Numerosi cammelli e carri sono necessari per il trasporto del guardaroba del Gran Moghul e le sue mogli. Altri elefanti trasportano i gioielli delle mogli o da donare ai comandanti meritevoli.

LE TRUPPE.
L'arruolamento ed il pagamento delle truppe sono diretti da un apposito ministro (Mir Bakhsi). Il reclutamento è effettuato per "classi"; un ufficiale iraniano non può reclutare più di un terzo di truppe moghul, il resto syeds o shikhs, mentre per ufficiali afgani e rajput la proporzione è rispettivamente di un sesto e un settimo. La cavalleria migliore è fornita da rajput, pathans e mori, molti gruppi etnici locali hanno fama di essere abili arcieri ma su tutti si distinguono i najer del Malabar. Il sistema delle "classi" è poi mantenuto dagli inglesi.
Gli incaricati della raccolta delle truppe sono chiamati silladars, ed i componenti raccolti bagirs. La paga alle truppe è corrisposta solo 8 o 10 mesi l'anno (sistema chiamato "al levare della luna") ed è spesso tenuta in arretrato per evitare diserzioni. L'ispezione ed il pagamento delle truppe è spesso causa di corruzione.
Cerimonie e riti religiosi, ad esempio riguardo la preparazione e la consumazione del cibo, influiscono sull’efficacia degli eserciti in campagna.
L'esercito, formato quindi dall'efficiente nucleo delle truppe del sovrano e dai contingenti forniti dai vassalli, è rinforzato da truppe raccolte nella zona d'operazioni fornite dagli zamindars (proprietari terrieri), stimati complessivamente sui 350.000 cavalieri e 4.000.000 di fanti. All'incoronazione di Aurangzeb (1659), dopo due anni di guerre civili, a Delhi sfilano 40.000 cavalieri, 60.000 fanti, 12.000 elefanti e 12.000 cannoni. Gemelli Careri descrive l'accampamento moghul a Gangala (1695) e stima le truppe sui 60.000 cavalieri, 100.000 fanti, 3.000 elefanti, 50.000 cammelli ed è inoltre presente un contingente di mercenari francesi. Gli effettivi ovviamente si riducono dopo lo smembramento dell'impero. L'esercito di Ali Khan Asaf Jah II del nizam-ul-mulk (governatore dello stato), viceré del Deccan (1762-1803), divenuto praticamente indipendente, è stimato sui 14-15.000 uomini con ufficiali francesi ed un centinaio di cannoni. Marthanda Varma I rajà del Trevancore (1729-1758) dispone di un’armata di 50.000 uomini.
La cavalleria è l'arma più importante e prestigiosa. Prevale il valore personale e non esistono addestramenti collettivi. I cavalieri sono spesso orgogliosi ed indisciplinati. In marcia forma l'avanguardia. Alcuni eserciti sono formati esclusivamente di cavalleria, soprattutto se la campagna ha come scopo saccheggiare e taglieggiare gli avversari (o gli alleati).
Gli elefanti sono impiegati come base ambulante per tiratori oppure per rendere visibile il proprio comandante. I cammelli sono impiegati soprattutto per il trasporto. Solo il maharajà di Bikaner, città nel deserto del Gujarat, crea un efficiente corpo di cammellieri (1465) che oggi si chiama "Ganga Risala" ed il più noto in tutto il mondo.
La fanteria è utilizzata prevalentemente come forza lavoro, per presidiare il campo, i bagagli e le fortezze. Non c'è addestramento né disciplina, ed in battaglia è ritenuta poco affidabile. È armata di moschetto (compresi gli antiquati moschetti a miccia, e senza baionetta) o arco (in proporzione 1:4), arma che ha la stessa gittata del moschetto con una maggiore celerità di tiro. Le armi da mischia comprendono spade, scudi, sciabole curve, lance e mazze.
L'artiglieria è introdotta in India dagli invasori afgani e persiani e dai primi coloni portoghesi mentre l'uso della polvere da sparo è documentato fin dal XIII secolo, specialmente negli assedi.
È affidata ad un Mir Arish (Mastro Cannoniere) che ne cura anche la costruzione ed il munizionamento. Gli artiglieri sono chiamati golandaz (Portatori di Proiettili Rotondi), sono al soldo diretto del Gran Moghul e rappresentano un corpo scelto, ma i pezzi sono difficili da trasportare, lenti da ricaricare (tre colpi al minuto, quella pesante un colpo ogni tre ore) e scarsamente efficienti. Gli artiglieri europei sono pagati fino a 10 volte di più.
Il Gran Moghul chiede agli inglesi ed agli olandesi di assumere 5 fabbri che fondano cannoni e 2 ingenieri (1666). Malik Maidan fa fondere in bronzo uno dei più grande cannoni mai esistiti, lungo 34 piedi, con diametro di 5 piedi, spara palle in pietra di 550 libbre.
L'accampamento è fortificato e munito con l'artiglieria ma all'interno è privo di organizzazione e vi regna il disordine. Per il trasporto sono impiegati elefanti, cammelli, cavalli, buoi, carri e portatori. L'esercito è seguito da mercanti.
In battaglia l'esercito si schiera in tre sezioni (centro e ali), ciascuna preceduta da un velo di truppe leggere e l'artiglieria, se possibile rafforzata da lavori campali. La capacità di manovra è limitata e non ci sono sistemi di comunicazioni efficaci tra le sezioni.
La battaglia inizia con un lungo fuoco d'artiglieria, sperando soprattutto nei suoi effetti morali, seguito da cariche successive contro una delle ali o il centro. La cavalleria tira con i moschetti e gli archi, poi si getta nella mischia armata di spade, lance e mazze, ingaggiando combattimenti individuali. Un contingente disperso difficilmente si riforma. Il comandante solitamente prende posto su un elefante, per incoraggiare le truppe con la sua presenza. L'elefante del comandante nemico diventa il principale obiettivo. La fuga del comandante causa la rotta del suo esercito. Gli inglesi impiegheranno contro questo obbiettivo pezzi leggeri da 4 libbre.

I RAZZI.
Anche se già negli antichi Veda si parla di armi terrificanti e distruttive (agni astra), sono probabilmente i mercanti cinesi ad aver importato in Malabar i primi razzi, chiamati "china-bedi" o "china padakkam" (sec. XI-XIV). La testimonianza più antica è del viaggiatore spagnolo Benjamin di Tuleda, che descrive i fuochi d'artificio visti a Quilon, nel Malabar (1176-1177).
In India prima che altrove quest'arma è usata diffusamente. Il primo impiego documentato dei razzi in guerra è del sultano Mohammed V nell'assedio di Delhi contro Tamerlano (1399). I razzi sono menzionati nell'opera in persiano di Zain-ul-Abidin signore del Kashmir (1450), seguita da numerose testimonianze (bana o agnibana in sanscrito) a Vijayanagar (XV sec.) fino alla battaglia di Talikota (1565). Ibrahim Lodi sultano di Delhi li impiega contro i rajput nella battaglia di Gwalior (1518). I moghul adottano a loro volta quest'arma. Un inventario indica la presenza di 77 bani (razzi) nell'arsenale di Akbar e durante una sua spedizione nel Gujarat (1572) il rumore di un razzo spaventa tutti gli elefanti nemici. Razzi sono impiegati nell'assedio di Bidar da Aurangazeb (1657) e nella battaglia di Samugarh (1658).
Gli inglesi incontrano i razzi nel 1755 ed alla battaglia di Plassey (1757).
Nella terza battaglia di Panipat (1761) i maratti lanciano contro gli afgani una salva di 2.000 razzi.
I razzi sono di vario tipo e sono impiegati anche come illuminanti negli attacchi e nella cacce notturne (forse è questa l'origine del termine "bengala"). I più usati sono lunghi 2,5 - 3 metri (8-10 piedi), 5 cm di diametro, pesano dai 2 ai 5,5 Kg, con 1 Kg di polvere da sparo per propellente racchiuso in un cilindro metallico lungo 10-25 cm e di 3-5 cm di diametro (in Cina era impiegato il bambù, in Europa all'epoca si usava il legno). Il peso della granata è di 4 libbre e la gittata è 900-1.500 metri, che in casi eccezionali arriva a 2.400.
Numerosi razzi sono oggi sparsi nei principali musei di armi dell’India.

GLI INFLUSSI OCCIDENTALI
L'arrivo delle compagnie commerciali europee ha come prima conseguenza sugli eserciti indiani l'aumento di reperibilità di armi da fuoco, sia portatili che artiglieria. Il controllo dei porti e delle vie commerciali diviene quindi un importante obiettivo politico.
Rama Varmer II raja di Travancore (1758-1798) firma un trattato di amicizia e protezione con la East India Company (7 VII 1758); deve vendere il pepe in cambio di fucili, baionette e stoffe rosse per le uniformi, con l’obbligo di non poter rivenderli ed i suoi magazzini sono presto ricolmi. In altri casi gli inglesi cercano di ostacolare il traffico di armi da fuoco, segano a metà le canne dei fucili per renderle inutilizzabili e le inviano in patria.
Oltre ad aumentare il commercio della armi, le compagnie europee introducono in India truppe africane, arabe e mulatte che sono impiegate anche dai sovrani locali e che tendono a divenire una casta a sè:

L'influsso maggiore è tuttavia causato dal fatto che truppe indiane, sia cavalieri che fanti, entrano al soldo delle compagnie commerciali europee con compiti di polizia, presidio ed infine anche militari. La cavalleria, arma prestigiosa, rimane del tipo tradizionale mentre la fanteria riceve un addestramento di tipo europeo e si dimostra superiore a quella tipicamente indiana.
Spesso i corpi di fanteria, licenziati dagli europei alla fine dei loro conflitti, trovano impiego presso i sovrani locali, modificando quindi la struttura degli eserciti indiani.
I sovrani indiani inoltre tendono ad affidare l'artiglieria ad ufficiali europei che ne migliorano l'impiego.

GLI AVVENTURIERI OCCIDENTALI.
Numerosi avventurieri europei, soprattutto francesi, trovano impiego presso i sovrani indiani come ufficiali o amministratori. Di seguito riporto alcuni dei più interessanti, altri sono menzionati nella narrazione dei conflitti e delle battaglie.

Altri avventurieri sono il francese Fentil, al servizio del nawab di Oudh, il francese La Maître de La Tour, che comanda l’artiglieria di Hyder Ali sultano del Mysore, l’italiano Nicolao Manucci, ufficiale d'artiglieria per Dara Shekoh, e lo spagnolo don Clementi Avigle, al servizio del nizam (fino al 10 XII 1806).

I MARATTI.
Il termine "Maharashtra" appare per la prima volta nel resoconto di un viaggiatore cinese (VII sec.), derivato da "Rathi" (guidatore di carro), in riferimento ai carri da guerra utilizzati da questa popolazione guerriera.
La confederazione maratta è il più potente stato indù levatosi contro la dominazione mussulmana dell'impero moghul. I principali sovrani maratti sono lo sindhia di Gwalior, capo nominale della confederazione, il peshwa di Poona, che ha sostituito il sindhia come capo effettivo (1712-1818), il bhonsle di Nagpur, il gaikwad di Baroda e l'holkar di Indore.
L’esercito è guidato da un senakarta (comandate), ha come nucleo la cavalleria e la sue tattiche favorite sono il saccheggio, la guerriglia e la terra bruciata, appoggiandosi a fortezze rese imprendibili dalla natura del loro territorio. In seguito sono assoldati avventurieri europei come amministratori, artiglieri ed ufficiali di fanteria.
La cavalleria è suddivisa in quattro classi:

La fanteria è numerosa ma di poco valore. Quella del sindhia è armata dal governo, che nomina un generale e fornisce anche l’artiglieria. Per il resto è formata da nuclei che appartengono ai loro comandanti. Mahadji Sindhia istituisce alcune brigate con ufficiali europei, un corpo d’artiglieria, fonderie di cannoni ad Agra e fabbriche di armi.
Il savoiardo Benoît de Boigne al servizio di Mahadji Sindhia guida 20.000 fanti, 30.000 cavalieri, 10 nizib, unità di irregolari armati di fucile a miccia, baionetta, spada e scudo, e numerosa artiglieria, ripagato con l’assegnazione di un pergunna (feudo). Al suo rientro in Europa i suoi feudi indiani passano al generale Perron (1795).
Gli effettivi permanenti sono stimati sugli 80.000 cavalieri e 20.000 fanti, così ripartiti: il peshwa 40.000 cavalieri e 20.000 fanti (i peggiori), lo sindhia di Gwalior 60.000 cavalieri e 30.000 fanti, il bhonsle di Nagpur 50.000 cavalieri eccellenti e 10.000 fanti scarsi (che salgono a 80.000 cavalieri e 20.000 fanti in caso di mobilitazione generale), l'holkar di Indore 30.000 cavalieri e 4.000 fanti (che possono salire a 10.000), il gaikwad di Baroda 30.000 cavalieri.
Nana Fornavise arruola un corpo di 2-3.000 arabi che dopo la sua morte è disperso.
Anche i maratti fanno largo uso di razzi.

I PINDARIN.
L’origine del nome è oscura, forse dal loro forte liquore chiamato Pinda, dai termini indi e maratti “pendha hare” (foraggiatori) oppure “pind parna” (“vicino alla morte”), o anche dalle maggiori regioni di reclutamento: Pandhar (che tuttavia hanno occupato solo in seguito) e Bidar, dove sono menzionati per la prima volta.
Il loro impiego è segnalato dallo storico mussulmano Firishta, dall’avventuriero italiano Niccolao Manucci nell’esercito moghul nella campagna in Deccan di Aurangzeb, e negli eserciti maratti da Balaji Rao in poi, guidati da Gardi Khan.
Sono nominalmente sottomessi ai maratti, che concedono terre ai principali capi (a nord del fiume Nerbudda), e raggiungono un’indipendenza di fatto alla fine del XIX sec. I principali capi sono investiti dal sindhia con il titolo di shahi, ma è più utilizzato in seguito il titolo durrah.
La maggioranza è mussulmana, sono presenti numerose religioni e caste ma è venerato soprattutto il cavallo.
Si riuniscono in durrahs (campi) e nel grande raduno annuale chiamato dusshera, tenuto alla fine della stagione delle piogge (fine X – inizio XI) per progettare le luhbur (scorrerie). Ognuno è libero di scegliere quale comandante seguire , in base alla convenienza personale. Diversi durrahs si uniscono in occasione delle luhbur, guidate da un luhbeerea, alle quali partecipano anche vagabondi, sbandati e avventurieri.
Il possesso di un cavallo e di una lancia sono gli unici requisiti per unirsi ai pindarin. È diffusa la spada, solo 1/20 possiede un moschetto ed alcuni capi sono armati anche di pistole. Generalmente la metà dei partecipanti ai luhbur possiede buone cavalcature, le altre sono di scarsa qualità o pony. L’assenza di tende e bagagli garantisce loro notevole mobilità (30-40 miglia al giorno) ma a volte sono ostacolati dal bottino, trasportato su buoi. I pochi fanti e la scarsa artiglieria svolgono esclusivamente compiti di presidio.
Il loro numero e la frequenza delle scorrerie aumentano dopo aver raggiunto l’indipendenza e sono stimati sui 22.000, 26.000 oppure 44.000 uomini (1812).


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